Caso ex- Oviesse pubblichiamo un intervento di Fabrizio Primoli .
"I recenti fatti che in questa Città hanno avuto come protagonisti i locali dell’ex OVS e alcuni manifestanti danno occasione anche a me per dire due parole su quanto accaduto, ora che le forze dell’ordine e la magistratura hanno provveduto a liberare gli spazi indebitamente occupati.
Chi mi conosce sa che sul tema del Teatro Comunale il sottoscritto non ha mai mancato di esprimere la propria opinione, senz’altro anche un po’ nostalgica, ricordando storia e fasti di quel vecchio, bellissimo edificio, progettato da Nicola Mezucelli, sul quale ho anche avuto modo di scrivere tempo fa. Ragion per cui non posso certo essere accusato di avere scarsa sensibilità sull’argomento.
Ho trovato tuttavia stridente e forse anche un po’ fuori luogo l’accostamento dei termini «bellezza» o «cultura» alle saracinesche danneggiate dei locali dell’OVS, alle forti parole, non sempre eleganti, di coloro che si sono autodefiniti «cittadini illustri», alle condizioni in cui è stato ridotto l’immobile occupato, al concetto stesso di occupazione, a quanto avvenuto questa mattina presso il Municipio. Non è questa, a mio parere, la bellezza. Né è questa la cultura.
Occupare abusivamente uno spazio altrui, sia esso pubblico o privato, è un reato. E un reato non è meno grave qualora venga commesso in nome della cultura. La cultura non può e non deve essere considerata alla stregua di un paravento utile per darsi una sorta di legittimazione a posteriori di quanto è stato commesso in spregio della legge.
Anche io, nel mio piccolo, ho fatto cultura in questa Città. Probabilmente in maniera meno eclatante, meno efficace, meno visibile e forse anche meno utile di quanto è stato fatto da coloro che si definiscono «cittadini illustri» e che oggi reclamano con prepotenza spazi da destinare alla cultura. Però l’ho sempre fatto chiedendo il permesso a chi di dovere, pagando le dovute tasse e rispettando termini e condizioni che le norme mi hanno imposto. E così hanno fatto, e continuano a fare, le tante associazioni e i tanti artisti che operano in questa Città, fornendo il proprio contributo in maniera lecita e con il cappello in mano.
Se ciò che è avvenuto nei locali dell’OVS, se quelle parole offensive, se quelle azioni, quelle sfide all’autorità, quelle gesta arroganti portate fin dentro il Municipio rappresentano il modello di cultura che dev’essere proposto a Teramo, io per primo lo rifiuto. Perché non è questo il mio ideale, né il mio modo di procedere.
La cultura non è monopolio degli artisti o dei sedicenti tali. L’estetica, la bellezza, il giudizio etico su di essa, ciò che deve o non deve piacere al pubblico non sono esclusiva spettanza di chi produce arte. L’artista propone, produce, crea. Chi fruisce di questo prodotto è il pubblico, che non è oggetto, né pertinenza, né appendice dell’artista. E che conserva, pertanto, il proprio giudizio e il proprio metro di valutazione.
Per questa ragione, a mio modo di vedere, la cultura non deve mai prescindere dal suo più diretto attributo: l’umiltà. Se si vuole far cultura, e la si vuol fare davvero, si agisce in maniera rispettosa. Si opera senza clamori. Si crea senza autolodarsi. E si chiede il permesso, bussando alla porta, per entrare in casa d’altri o per utilizzare cose che non sono proprie.
Chi ha seguìto le vicende d’attualità sa che io stesso non ho risparmiato qualche critica all’operato delle nostre Amministrazioni su tali problematiche. E sono certo che in passato poteva essere fatto di più e magari anche meglio. Però è altrettanto innegabile che la situazione disastrosa in cui versano le casse di tutti i Comuni, in questo nostro Paese, ha rappresentato un fortissimo vincolo che, di fatto, ha finito per mortificare ogni ulteriore iniziativa dei nostri amministratori in campo culturale. E questo solo uno sprovveduto potrebbe negarlo.
Ma Teramo non è soltanto assenza di idee, di progetti o di eventi. I talenti, e questa Città ringraziando Iddio ne ha tanti, sono visibili, per chi ha occhi puliti per ammirarli. Operano incessantemente, senza magari il clamore dell’OVS e senza la presenza di Polizia e Carabinieri a tutela dell’ordine pubblico. Quasi fossero un corollario stesso delle iniziative culturali.
A Natale il sottoscritto e altri colleghi del comitato Castello Aperto abbiamo regalato a questa Città, a nostre spese, l’illuminazione del Castello Della Monica. Evento mai realizzato prima a Teramo. E l’abbiamo fatto senza clamori, senza pretendere, senza definirci «illustri». Da perfetti e anonimi sconosciuti quali siamo. E abbiamo acceso quel complesso monumentale non meritando, né chiedendo prime pagine, interviste, edizioni speciali o spazi riservati. Senza gridare, senza telecamere e senza striscioni. Ma sottoponendo la nostra realizzazione al giudizio dei teramani, perché a loro e solo a loro l’arte dev’essere rivolta. Questo è fare cultura, a mio modo di vedere. L’autoreferenzialità non può avere cittadinanza in questo settore.
Anche nel piccolo si può fare del bene. Anche nel silenzio, nell’umiltà e lontano da slogan o occupazioni si può produrre arte. Le associazioni e i tanti artisti che lavorano in silenzio, pagando i dovuti tributi e chiedendo le prescritte autorizzazioni non sono meno validi di altri. Rispettare la legge e le persone, mettendo da parte toni e modi da stadio, non rende meno pregevole l’arte.
La cultura non ha bisogno di urlare, né di violare le leggi, né di pretendere le prime pagine. Ha bisogno soltanto di occhi che guardino e di orecchie che ascoltino. Il cuore lo si conquista così.
Fabrizio Primoli
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