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giovedì 14 novembre 2013

Teramo: Sergio Rubini e Michele Placido protagonisti dello “Zio Vanja” di Bellocchio



Il 14 e 15 novembre 2013 alle ore 21.00 al Teatro Comunale di Teramo andrà in scena lo spettacolo teatrale "Zio Vanja" di Anton Cechov, regia di Marco Bellocchio con Sergio Rubini e Michele Placido. La trama ha il suo inizio nella casa di campagna ereditata dal professor Serebrjakov, cognato di zio Vanja e padre di Sonia. La prima moglie, sorella di Vanja, è deceduta e il professore si è risposato con Helena. Tra amori e vicissitudini di vario genere, Serebrjakov comunica a Vanja che è intenzionato a vendere il podere e questo fa uscire fuori tutto il temperamento del povero zio, che alla fine tenta di uccidere il professore con dei colpi di pistola, che miseramente non andranno a segno. Alla fine l'agiato ereditiere e Helena torneranno in città, lasciando a Vanja la possibilità di continuare ad amministrare la tenuta.? Zio Vania è uno dei capolavori assoluti del teatro cechoviano, in cui si intrecciano le monotone conversazioni e le banalissime vicende di un gruppetto di personaggi. La ricostruzione minuziosa di atmosfere sospese e vagamente inquietanti, l'indifferenza abulica dei personaggi intorno agli eventi, l'indefinito senso di attesa di una catastrofe incombente rendono questo testo una geniale anticipazione della drammaturgia novecentesca.

lunedì 29 ottobre 2012

Teramo: in scena il Re Lear con Michele Placido


Martedì 30 ottobre alle ore 21, presso il teatro Comunale di Teramo, primo appuntamento della XXXIV Stagione di prosa 2012-2013, organizzata dalla Società della Musica e del Teatro “Primo Riccitelli” di Teramo. In scena “Re Lear” di William Shakespeare, con la regia di Michele Placido e Francesco Manetti.
Previste due repliche mercoledì 31 alle ore 17e 21.
Lear non è un testo, Lear è un mondo, è il Mondo, è la distruzione del Mondo, l'Apocalisse e infine la successiva, appena possibile, rinascita.
Al principio del XVII° secolo le teorie di keplero, Galilei, Hobbes, unite alle idee di Giordano Bruno ed altri, stavano prepotentemente rivoluzionando il modo di vedere il mondo da parte dell'uomo. Improvvisamente la Terra diveniva una parte infinitesimale del creato, non più al centro dell'universo, ma una "palla di terra e acqua" vagante nell'infinito.
Shakespeare sembra assorbire questo sentimento terrorizzante dell'uomo di fronte al Cosmo, per restituirci quell'immensa metafora della condizione umana che è il RE LEAR.
All'inizio del dramma Lear rinuncia al suo ruolo, consegna il suo regno nelle mani delle figlie, si spoglia dell'essere Re, pilastro e centro del mondo, per tornare uomo tra gli uomini. Ma questa scelta viola le regole che organizzano l'universo, così il Mondo va fuor di sesto, e quel che ne segue sono "azioni innaturali che generano tormenti innaturali": figli contro padri, follia, violenza, nel contesto di una natura sconvolta e tutt'altro che benigna. Ma perché tutto questo? Che cosa muove i personaggi? Nonostante nel Re Lear si possano individuare tanti temi quanti sono gli aspetti dell'essere umano, io credo che il motore fondamentale di questa Tragedia da fine del mondo, sia l'amore. Lear è una tragedia dell'amore, tutti vogliono amore, tutti pretendono amore, un amore abnorme, che porta distruzione e morte, crea mostri. Lear esige dalle figlie che espongano in parole il loro amore per lui, ma Cordelia, la più piccola, sa che l'amore, il vero amore non ha parole e alla richiesta del padre può rispondere solo : "niente, mio signore". È questo equivoco, questo confondere l'amore con le parole, che, nel momento in cui le altre figlie si mostreranno per quello che sono, farà crollare Lear