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mercoledì 15 maggio 2013

Teramo: apertura della mostra “Oblivion”


Venerdì 17 maggio alle ore 18,00, presso Casa Ruggieri, in via Vecchio mattatoio 5, apertura della mostra “Oblivion” con Installazioni di Giustino Di Gregorio, Manuela Cappucci e Claudio Pilotti. Sound design  a cura di Pierluigi Filipponi e Luca D’Alberto.
Sono tre installazioni audiovisive, nate dall’integrazione di luce e materia, dove la perfezione della luce colpisce l’imperfezione della materia lasciandosene modellare.
Sono proiezioni minimali, linee e cerchi che seguono il ritmo di una narrazione indefinibile su superfici e elementi tridimensionali bianchi, solcati, corrosi, feriti e modellati da mani o da forze della natura. Una presenza umana che si avverte nell'assenza, una sorta di “umanesimo contemporaneo” che chiede l’incontro, la relazione con l’opera, oltre la parola che definisce, nel flusso del presente.
Sono suoni evocativi, indefinibili anch’essi. A volte incontrano le proiezioni minimali accompagnandole anche nelle pause, a volte, come un flusso di coscienza, le sovrastano imprevedibili, come ricordi che si rincorrono senza trovare pace fino al “reset”, l’attimo in cui tutto si azzera.


La parola definisce, restringe il campo. Un concetto esiste soltanto in relazione al suo opposto, Oblivion non fa eccezione: noi Umani possiamo immaginare il pianeta della dimenticanza, dell’oblio, solo in relazione al ricordo.
Noi Umani percepiamo il ricordo che vive nel presente, evocato dal viaggio emotivo di Oblivion, sedimentato nelle pieghe della materia, conservato in cilindri trasparenti, quasi fuori dallo spazio e dal tempo o in labirinti circolari nei quali il ricordo stesso si può perdere.
Così in relazione a noi, ai nostri limiti, immaginiamo gli abitanti di Oblivion, esseri per i quali il ricordo è solo luce, creature che non usano il linguaggio come noi lo conosciamo, creature senza passato, senza futuro, senza aspettative, che percepiscono l'attimo con un organo sconosciuto all'anatomia umana: oltre la mente, oltre il cuore.
Oblivion è un gioco di antitesi (perfezione/imperfezione, memoria/oblio, pieno/vuoto, presenza/assenza…) che non cerca una sintesi ma evoca un superamento, un’immersione nella nebbia.

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