"Le donne di Rossano Piccioni sono bellissime e conturbanti, mostrate nella loro intimità e alle prese con l'immaginario di un individuo tipico di una società post-industriale. Un individuo fautore e schiavo dei meccanismi omologanti a cui sottostanno tutti gli individui. L'uomo non appare mai nei quadri di Rossano Piccioni, ma vi aleggia la sua presenza e consapevolmente il nostro sguardo vi si sovrappone e vi si identifica criticamente. Le donne che animano questi quadri, degne delle pagine delle riviste di moda patinate, abitano luoghi oscuri, luoghi perduti e sono riprese in situazioni scabrose. Degne di fantasie che potremmo definire ombrose. A figure piene, tornite e voluttuose, si contrappongono angoli sporchi, schizzi di colore untuosi a richiamare il sudiciume di bagni pubblici, antri vuoti e strumenti di piacere e tortura. La beltà è trasfigurata dall'immaginario di un uomo mediocre e potente. Come la loro essenza reale è pure la realtà stessa in cui si muovono queste figure femminili a non avere più una vera consistenza, divenendo uno sfondo astratto e monocorde come l'immaginazione contratta dell'individuo che guarda ma non può toccare, del voyeur inibito suo malgrado, ma avido nel suo brucare con gli occhi le nudità. Non v'è nessuna concessione a una qualche forma di riscatto. La donna non può che essere oggetto stereotipato, meramente poco più che tridimensionale in un mondo sciatto e dall'orizzonte assiologico piatto e asservito al pensiero unico. Una pittura che con una durezza spietata invita a riflettere gli aspetti più cupi della bellezza, del sesso e di ciò che è nella società contemporanea: la fascinazione del degrado e la sua inevitabilità."
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