Ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa organizzata
davanti la sede della Ruzzo Reti SpA in via Nicola Dati a Teramo, i
rappresentanti del Comitato teramano “Acqua Bene Comune” – prosecuzione del
comitato provinciale promotore del referendum contro la privatizzazione
dell’acqua – hanno illustrato la situazione in provincia di Teramo per quanto
riguarda la gestione del servizio idrico integrato.
È passato un anno dal 12 e 13 giugno 2011 quando, al termine
di una campagna referendaria esaltante, una schiacciante maggioranza di oltre
26 milioni di italiani si espressero (oltre il 95% dei votanti) contro la
privatizzazione del servizio idrico che sarebbe stata obbligatoria dal 1°
gennaio 2012 e per l’abolizione della “remunerazione del capitale investito”,
un vero e proprio privilegio introdotto nel passato che pesa sulle bollette
degli italiani per almeno il 7% (ma in alcune province arrivata al 20%) al fine
di creare profitti sulla gestione dell’acqua ed aprire così la strada alla
privatizzazione di questo bene.
Gli italiani scelsero in maniera chiarissima di considerare
l’acqua come un bene comune da gestire lontano dalle logiche del mercato e
dalle spartizioni partitocratiche.
Ma come purtroppo accade in Italia, anche le vittorie più
chiare della democrazia vengono messe in discussione.
Ad oggi la “remunerazione del capitale investito” non è
stata eliminata dalle tariffe, nonostante si dovesse farlo – come ha stabilito
la Corte Costituzionale nella sentenza n. 26/2011 – fin dal giorno dopo la
proclamazione della vittoria referendaria.
Al contempo, l’abrogazione del cd Decreto Ronchi ha comportato
la cancellazione dell’obbligo di privatizzare il servizio idrico, ma in molte
città (ad iniziare da Roma) si sta ugualmente procedendo, contro la volontà
popolare, alla privatizzazione del servizio. Solo nella città di Napoli si è
proceduto alla costituzione di un nuovo gestore del servizio pubblico nella
forma dell’Azienda Speciale cancellando la precedente Società per Azioni.
Del tutto simile alla situazione italiana è quella del
teramano.
Ad oggi nei comuni della Provincia di Teramo non si è data
attuazione alla volontà popolare, anzi la remunerazione del capitale investito
è stata prevista anche nella pianificazione tariffaria fino al 2030!
Nella Deliberazione dell’Assemblea dei Sindaci per il
Servizio Idrico Integrato (ASSI) n. 4 del 12 dicembre 2011, i Sindaci della
Provincia di Teramo ed il Presidente della Provincia di Teramo (in qualità di
coordinatore dell’Assemblea) hanno deliberato di approvare il documento
conclusivo dei risultati della revisione straordinaria relativa agli anni 2006/07
e 2008 e dello sviluppo della tariffa reale media per il periodo 2009/2030,
continuando a prevedere la “remunerazione del capitale investito”.
In poche parole questi sindaci, invece di applicare la
chiarissima volontà popolare, hanno fatto finta di nulla approvando non la
riduzione delle tariffe, ma il loro aumento!
Contro questa decisione il Comitato “Acqua Bene Comune” per
ben due volte ha richiesto un incontro a tutti i sindaci della provincia di
Teramo ed al Presidente dell’Amministrazione Provinciale. Una richiesta che è
rimasta priva di risposte, testimoniando la distanza ormai abissale di una
certa classe politica dai cittadini.
La gestione del servizio idrico continua ad essere un modo
per spartirsi poltrone.
La vicenda delle dimissioni del Presidente della Ruzzo Reti
SpA e della sua sostituzione lo hanno ampiamente dimostrato.
Quello che conta non è cosa si vuole fare e con quali
competenze, ma l’occupazione dei posti nei consigli di amministrazione. Non vi
è neppure più la guerra tra bande tra i vari schieramenti politici: ora la
guerra tra bande si svolge tra le correnti degli stessi partiti.
A livello regionale il Consiglio regionale approvò lo scorso
anno, un mese prima del referendum, una legge-farsa di riforma che è stata
subito impugnata dal Governo nazionale.
Oggi si torna a parlare di una nuova legge di riforma senza
nessun confronto pubblico, sperando di poter decidere, per l’ennesima volta,
lontano dagli occhi dei cittadini.
Nel frattempo tutti gli Ambiti Territoriali Ottimali del
servizio idrico abruzzese sono stati commissariati senza che questo abbia
portato alcun reale vantaggio: e non si è trovato di meglio che scegliere come
commissario il dirigente regionale che si occupa del settore da decenni!
Sembra quasi che si voglia fare andare tutto di male in
peggio, così da poter presentare poi una soluzione preconfezionata: chiamare un
soggetto privato a gestire il servizio idrico intergrato della regione Abruzzo,
visto il fallimento del pubblico!
Ma la gestione che abbiamo avuto fino ad oggi non ha niente
di “pubblico”: è stata, e continua ad essere, una gestione partitocratica dove
i partiti scelgono chi mettere a capo delle aziende di gestione senza nessuna
attenzione alle competenze ed alle esigenze dei territori.
La strada da percorrere è quella di trasformare la Ruzzo
Reti da Società per Azioni, il cui fine è fare comunque profitti sull’acqua, in
Azienda Speciale sul modello di quanto è stato fatto a Napoli e di quanto ha
recentemente deliberato di voler fare l’Assemblea dei Sindaci per il Servizio
Idrico Integrato della provincia di Pescara.
Si devono trovare nuove forme di gestione capaci di
assicurare una partecipazione vera ed effettiva dei cittadini che non possono
essere degradati a meri utenti di un servizio in una logica privatistica e
contrattualistica.
Il Comitato “Acqua Bene Comune”, più che mai deciso a far
rispettare il risultato del referendum di cui è il custode, torna a chiedere il
rispetto del voto nell’ambito della campagna nazionale di obbedienza civile “Il
mio voto va rispettato” e ribadisce la richiesta di incontro con il Presidente
della Provincia e con i Sindaci dei Comuni teramani per avviare un confronto
sul modello di gestione del servizio idrico integrato nella nostra provincia.
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